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La carne del futuro

È di pochi giorni fa la notizia secondo cui una start-up olandese, la Mosa Meat, ha ottenuto gli investimenti necessari per produrre carne ottenuta da coltura cellulare, che verrà lanciata sul mercato a partire dal 2021. La storia di questa innovazione fa storcere il naso a molte persone, che si chiedono se sia davvero necessario creare carne in laboratorio.

In realtà della “carne in provetta” si parla già da una decina d’anni: anche se si è tutti concordi sulla necessità di ridurre il consumo globale di carne per motivi ecologici e salutistici, non sarà mai possibile azzerarlo. Per questo alcuni ricercatori hanno elaborato un metodo di produzione della carne che non preveda l’allevamento e l’uccisione di animali.

In pratica si tratta di permettere lo sviluppo tessuti animali (muscoli, adipe e connettivo) a partire da cellule staminali. Tali cellule vengono prelevate dal tessuto bovino e fatte proliferare in vitro in un mezzo di coltura. Al termine del processo, della durata di circa due mesi, si ottiene un agglomerato di decine di miliardi di cellule simile a una porzione di carne macinata. Non si tratta di modificazione genetica, in quanto le cellule staminali sono cellule primitive facenti parte del corredo di ogni organismo e non necessitano di alcuna modifica per trasformarsi in cellule specializzate.

La carne così creata ha lo stesso sapore di quella normale, poiché si tratta degli stessi tessuti. Proprio per questo non c’è alcun rischio salutistico addizionale. I problemi di salute sono quelli relativi all’eccessivo consumo di carne.

Il problema di questa tecnica è il terreno di coltura. Non si poteva evitare di usare siero fetale bovino (classico substrato per le colture in vitro) poiché l’unico in grado di dare risultati soddisfacenti. Esso è infatti costituito da numerose molecole complesse ed è difficilmente sostituibile, se non mediante alcune alternative che però presentano limiti. Il siero fetale bovino è ottenuto per aspirazione dal cuore di feti bovini ancora in gestazione, appena dopo la macellazione della madre: sarebbe un controsenso utilizzare un substrato non cruelty-free per un prodotto etico. Un altro problema è il costo esorbitante del siero, che deve essere usato in grandi quantità (da un cuore se ne aspira mezzo litro, per una coltura ne sono necessari migliaia) e che renderebbe proibitiva la vendita del prodotto finito.

Per questo le aziende si sono messe alla ricerca di un mezzo di coltura economico e cruelty-free, e pare che qualcuna sia riuscita, collaborando con le Università, a produrre un surrogato di cui ancora non si conoscono le caratteristiche.

La sfida dell’azienda olandese sta nel produrre 175 milioni di hamburger (non solo di bovino, ma anche di pollo e maiale) a partire da poche cellule staminali, risparmiando vita e sofferenze a 400 mila animali e riducendo drasticamente l’impatto ambientale (gas serra, uso di acqua e foraggio, inquinamento ecc). Ma anche nel rendere tale procedimento più conveniente della carne “vera”. Il primo hamburger, creato nel 2013, aveva infatti un costo di produzione di 250 mila euro. Ad oggi il prezzo è calato a circa 60 euro, ma si pensa di poter rendere i prezzi maggiormente competitivi sul mercato, creando una produzione su larga scala grazie all’aiuto degli investitori (tra cui perfino Bill gates e Leonardo di Caprio) sempre più numerosi. La carne in provetta sta attirando parecchio interesse, e perfino le grandi multinazionali produttrici di carne non vogliono lasciarsi sfuggire il nuovo business.

Gli stessi interessi si stanno muovendo in tutti gli altri settori della produzione animale, dal pesce ai latticini. Nel caso dell’itticoltura (ambito già studiato alla NASA per l’alimentazione degli astronauti), si risolverebbero non soltanto le problematiche ambientali, ma anche quelle tossicologiche (dovute all’accumulo di metalli pesanti nei pesci di grandi dimensioni). Nel 2014, a san Francisco, alcuni ingegneri hanno inaugurato un progetto per la produzione di latte sintetico coltivando DNA di mucca in cellule di lievito. Progetti simili hanno come scopo il formaggio sintetico e la pelle per rivestire scarpe, borse e poltrone.

carne in provetta
(fonte Livekindly)

L’accoglienza

Pare che al momento il pubblico sia diviso a metà tra gli entusiasti per le implicazioni ecologiche ed etiche di tale scoperta e chi la rigetta perché “artificiale”, perché suggerisce ribrezzo e un’idea di poca salubrità. L’accusa di essere “contro-natura” è scontata, come per qualsiasi invenzione umana, ma potrebbe essere bilanciata dai benefici a livello etico e ambientale.

Molti sono preoccupati dell’impatto economico (soprattutto per quanto riguarda gli allevatori) di una futura coltivazione di carne in provetta su larga scala: ciò avviene in corrispondenza di qualsiasi mutamento socio-economico. In questi casi bisogna progettare una riconversione delle risorse a beneficio della nuova tecnologia, che in compenso non tarderà a creare nuovi posti di lavoro.

Dutch company Meatable has replaced bovine serum for faster and cheaper slaughter-free meat

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