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La DAD vista da dentro. L’esperienza di un’insegnante.

Con questo articolo-intervista vogliamo porre ancora una volta l’attenzione sulla DAD, questa volta però da un punto di vista “interno”, intervistiamo C. un’insegnante di un Istituto Comprensivo della provincia di Milano.

  • Presentazione e tua esperienza scolastica anche attuale.

Sono insegnate di lettere (perciò NON sarò breve) presso l’IC di Cuggiono dal 2011.

Ho cominciato a insegnare nel 2007 presso il Centro Salesiano di Arese, una realtà dedicata al recupero di giovani al limite della delinquenza, al cui interno si trovavano due classi distaccate della scuola secondaria di primo grado locale. Sono passata poi in altri istituti pubblici dell’hinterland milanese, per cui mi sono sempre confrontata con situazioni umane complesse, ma estremamente formative per quanto riguarda la relazione con gli studenti e la creazione di un personale stile d’insegnamento.

  • Prima della didattica a distanza che tipo di attività scolastiche ed extra proponevi? Attualmente riesci comunque a proporne?

Devo dire che uno dei motivi che mi hanno spinto a scegliere Cuggiono come sede per insegnare è proprio il fatto che sia una realtà sufficientemente piccola per proporre attività stimolanti e creative per i ragazzi, magari con la cooperazione di altri colleghi, in arricchimento reciproco, o interfacciandomi con le associazioni locali, perché ho sempre ritenuto fondamentale la relazione con il territorio.

Dato che la LIM in classe non l’ho mai avuta, almeno sino al 2018, ho sempre proposto ricerche con cartelloni (giusto come riscaldamento), creazione di cartelli e slogan per manifestazioni per il clima da esibire in piazza, redazione di lettere ai presidenti dei paesi partecipanti alla COP 21 di Parigi, costruzione di installazioni con materiali di riciclo, laboratori teatrali, percorsi di geografia astronomica, ma anche aperitivi al parco (totalmente analcolici, l’ultima ora della settimana, l’ultimo mese di scuola, quando i ragazzi hanno bisogno di respirare la primavera dopo un periodo di verifiche).

Attualmente mi intigno per continuare a proporre lavori di ricerca e approfondimento stimolanti, che integrino una minima parte di lavoro on line con la costruzione del sapere tramite attività pratiche. Sono anche fortunata perché ho trovato due classi ricettive, con elementi che riescono a trascinare con il proprio entusiasmo e curiosità anche i compagni più pigri.

Quando sono stata a distanza ho invitato i ragazzi a scrivere molto e a fare ricerche strutturate, specialmente di geografia, per mantenere viva l’immaginazione verso il mondo esterno. In realtà ho detestato qualsiasi compito proposto per la IAD (non DAD, perché la didattica precede un progetto educativo e una strutturazione che è totalmente mancata, quindi ritengo più onesto parlare di Istruzione a Distanza), perché si lotta con il digital divide, i ritardi nelle consegne, gli alunni che fanno i furbetti e spariscono…

  • Com’è cambiato il rapporto con gli alunni?

La situazione è complicata: si pretende da noi che funzioniamo sempre e comunque al massimo livello, mentre i ragazzi attraversano varie fasi di attaccamento e disinvestimento, a seconda di come vivono il momento specifico. Ciò inevitabilmente porta a grande frustrazione da entrambe le parti, per quel che riguarda la parte “produttiva”, il raggiungimento di obiettivi di apprendimento. E gli insegnanti si arrabbiano…

Il legame affettivo invece si è intensificato, i ragazzi ti cercano, senti che hanno bisogno di un punto fermo nelle loro giornate e sei tu insegnante a rivestire tale ruolo. Anche loro per noi però sono delle costanti ineludibili, sentiamo la loro mancanza quando non ci sono, abbiamo davvero patito i mesi senza vederli in aula.

  • Come ha reagito e si comporta il contesto familiare?

Come in presenza: alcuni con grande disponibilità, collaborazione, affetto e stima, altri con pretese e atteggiamento di “voglio, comando, posso”, ignorando che anche i docenti sono esseri umani che risentono, come tutti, delle incertezze date da questa situazione.

Per mia fortuna, nelle mie classi ho instaurato una rete di supporto con le famiglie che mi ha consentito di lavorare con grande serenità, nonostante tutto. Mi ha colpito una cosa soltanto: a seguito di colloqui con altri docenti, le rappresentanti di una classe si sono stupite di sentire molte lamentele sul comportamento dei figli; quando ho fatto presente che come ci focalizziamo sul benessere e l’equilibrio dei fanciulli, nessuno si è posto il problema di quello degli insegnanti, che forse sono irritabili e destabilizzati a causa dei continui cambiamenti. Ecco, anche le migliori famiglie non hanno saputo mettersi nei nostri panni.

  • Come viene gestita la DAD e come hanno reagito e si comportano gli insegnanti?

Ho una domanda di riserva? IAD e non DAD, perché nonostante le tonnellate di materiali e webinar e lezioni messe a nostra disposizione, non è stato possibile creare un percorso organico di apprendimento. Se poi vogliamo essere feroci, a settembre ci hanno propinato la DID, Didattica Integrata Digitale. Ecco, tutti ferratissimi con gli acronimi, ma pochi o nessuno che dall’alto si sia posto il problema che per offrire apprendimenti significativi ci vuole tempo, progettazione, riflessione… Gli insegnanti gestiscono la distanza come possono. Chi è più scafato con il mondo digitale sin dall’inizio ha creato delle valide alternative e dei percorsi funzionali sia al mantenimento della relazione educativa che dell’apprendimento. Altri, mi spiace dirlo, si son fatti 2 mesi di vacanza extra per poi scapicollarsi quando sono uscite le direttive ministeriali che regolamentavano la distanza (NB: direttive giunte a tardo aprile. No comment). Poi, come in presenza, ci sono insegnanti che guai a schiodarli dalla lezione frontale-libro-interrogazione, mentre ce ne sono altri che si ingegnano a inventarsi qualcosa che stimoli sia ragazzi che docenti (perché rompersi le scatole più di quello che già imponga la distanza è punitivo!). In definitiva: si è evidenziato maggiormente ciò che già siamo in presenza. Nel bene e nel male.

  • Hai suggerimenti, proposte e consigli per il futuro?

Nel futuro sarebbe auspicabile non ritrovarsi nell’aberrante situazione di insegnare solo su schermo. Trovo che sia utile integrare gli apprendimenti in aula con materiali e lavori digitali, ma sottolineo IN AULA, perché ancora molte famiglie non hanno gli adeguati strumenti perché i ragazzi possano imparare attraverso le risorse on line. Prima di una didattica digitale ci vuole un percorso di conoscenza degli strumenti e della rete che i giovani non hanno, ma di cui soprattutto ancora le famiglie sono sprovviste. Non basta avere uno smartphone per risolvere la questione. Ci vuole un’educazione digitale che non può e non deve essere demandata esclusivamente alla scuola. Poi, siccome sono vecchia, per me l’apprendimento passa ancora tanto attraverso il pasticciare con le mani, i colori, la carta e le forbici. Per il resto c’è tempo.

La nostra insegnante ci terrà compagnia anche nel prossimo articolo che pubblicheremo a breve, in cui farà il punto su un’altra interessante questione relativa alla scuola e all’insegnamento: il diritto alla Disconnessione. Scopriremo a breve di cosa si tratta e perché è così importante. Iscrivetevi alla newsletter per non perdervelo.

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