
Dipingiamo con le parole
Di Chiara G., Professoressa.
Capita che un sabato mattina ti venga chiesto di tenere un laboratorio un po’ diverso dal lavoro che abitualmente svolgi in aula.
L’input era: cercare di stimolare i partecipanti a un’attività manuale e creativa, che facesse sperimentare la creatività lontano dal mondo digitale.
Di che mi occupo di solito? Parole. Scritte, ascoltate, lette. Come trasformarle in “oggetto artistico”?
Partendo proprio dal concetto di Langue e Parole di Ferdinand de Saussure (che se solo sapesse cosa faccio dei suoi insegnamenti, uscirebbe dalla tomba per tirarmi le orecchie).
In breve: la Langue è il sistema astratto attraverso il quale comunichiamo, mentre la Parole è la concretizzazione della Langue, effettuata da ogni singolo parlante.
Come diventa creativo? Quando “l’immagine” acustica della lingua si traduce in immagine visiva costante (ad esempio, se scrivo GATTO, a tutti i lettori verrà in mente la medesima immagine), ma insieme a tale immagine si accompagnano delle emozioni (per cui a me verrà in mente una gattona nera come la mia Zozzobigia, mentre ad altri verranno in mente felini di altre razze, colori, dimensioni…). Allora su carta potrò scrivere GATTO con colori cui associo emozioni piacevoli, oppure scegliere segni da collegare al concetto di gatto, in una realizzazione personale di espressione linguistica.

Ma siamo ancora all’inizio… A scuola ci insegnano che le emozioni sono astratte, mentre tutto ciò che percepiamo attraverso i cinque sensi è concreto. Nel momento in cui però scrivo la parola GIOIA, ad esempio, sto realizzando proprio un atto concreto perché con le mani sto toccando una penna o un pennello, percepisco la scorrevolezza della carta o la densità del colore, annuso l’odore dell’alcol dei pennarelli, vedo quali colori ho scelto di usare per scrivere.
Perciò quando ci siamo trovati insieme nello spazio del laboratorio, ho invitato i partecipanti a “uscire” dalla testa e a entrare in contatto con le emozioni a livello fisico. Quando si è arrabbiati, dove si percepisce la tensione della rabbia? Quando si è in imbarazzo, la vergogna dove la sento? Successivamente alla fase di individuazione della corrispondenza fisica delle emozioni, si passa a giocare con i colori, le forme e i pennelli.
Dividendo a metà una lunga striscia di carta, da un lato i partecipanti hanno potuto scrivere ciò che associavano alle emozioni negative, mentre dall’altra parte hanno potuto dipingere ciò che per loro sono emozioni positive. Unica regola del gioco: non avere regole! Liberamente ognuno ha potuto cambiare stile, colore, forme, strumento con cui “scrivere” le emozioni.

In un’altra situazione climatica sarebbe stato bello portare oltre la sperimentazione, usando mani e piedi per creare nuovi segni di questo lessico delle emozioni (ma faceva troppo freddino, ci riproveremo con la bella stagione).
Alla fine della mattinata avevamo creato un murale caotico e bellissimo, in cui abbiamo potuto constatare che il medesimo colore che qualcuno associa alla cupezza per qualcun altro è sinonimo di serenità, che una pennellata nervosa e breve traduce una gioia esplosiva, che le parole che ci fanno stare male le possiamo “ingabbiare” in forme che le tengano a bada, mentre quelle che ci fanno stare bene possono occupare in maniera esuberante tutto lo spazio a disposizione.
Per due ore, un po’ timidamente all’inizio, poi con sempre maggior convinzione successivamente, tutti si sono tuffati nella costruzione di un racconto in cui le parole erano tangibili, in cui l’unica realtà riconoscibile era quella delle proprie emozioni, senza i filtri di uno schermo. Le mani hanno riposato dal digitare o dallo “scrollare” per diventare strumenti di scrittura, per costruire una narrazione di se stessi autentica e profonda.

Se devo associare una parola a quest’esperienza che ho vissuto insieme ai partecipanti, sarebbe LIBERTÀ, perché per due ore siamo stati davvero in contatto con la nostra parte più autentica e illimitata. Senza password e senza notifiche.

